Il titolo della mostra, “I beati anni del castigo”, nato durante la parentesi del confinamento e il posticipo della rassegna, è preso in prestito dal breve e, forse più importante, romanzo di Fleur Jaeggy che narra le vicissitudini delle educande all’interno di un collegio femminile in Svizzera, paese d’origine dell’autrice, “fra un’atmosfera di idillio e cattività”. Esattamente ciò che è accaduto poco più di un anno fa alla maggior parte dell’umanità, che si è ritrovata rinchiusa nelle proprie abitazioni, in una condizione comunque di agio all’interno della quale avevamo tutto, ma nella quale in molti si sono sentiti soffocati e in balia del niente. Incapaci di usare il loro tempo libero. Le opere in mostra, sono il risultato delle riflessioni, anche indirette, fatte dagli artisti in questo periodo liminale situato fra la stasi e il passaggio successivo.
L’esposizione può essere visitata tutti i giorni, tranne martedì, domenica e i festivi, dalle 16.00 alle 18.00.
(Fotografie di Eva Comuzzi)